Il saponificio sulla riva del fiume

 In Fabbriche Dismesse

Il grande opificio, sulla riva del fiume Sacco, dall’aspetto grigio è stato uno dei poli industriali più importanti di tutto il Lazio.
Antonio Annunziata, il suo fondatore, apparteneva a una famiglia che di mestiere produceva sapone. Il nonno Michele, infatti, già nel 1890  aveva avviato un’attività artigianale per la produzione di sapone da bucato. Tale attività all’inizio del 1900 veniva portata avanti dal figlio Luigi, che, per tanti anni, con il suo carrettino faceva il giro dei macellai per raccogliere il grasso necessario alla produzione. Era un’attività dura e dai non facili guadagni; in tale realtà piena di tantissimi sacrifici nasce nell’ ottobre 1906 Antonio Annunziata. Non ha un’infanzia né un’adolescenza  allegra. Trascorre  le  giornate  dentro  l’opificio  a  lavorare  e ad impadronirsi del mestiere, seguendo attentamente il lavoro del padre apprezzandone i sacrifici. A 17 anni è in grado di dirigere l’opificio, forte dell’esperienza acquisita sul campo.

Non è una leggenda metropolitana quella che ci rappresenta l’imprenditore che assaggia il sapone per misurarne il grado di alcalinità. Queste prove, questo singolare test li farà sempre, fino a quando avrà la forza di varcare i cancelli della sua fabbrica. Nel 1938 si costituisce la Società anonima Stabilimenti Annunziata, con capitale sociale di 250.000 lire e con una superficie di terreno acquistato di ben 50.000 mq.
L’ottima capacità di riuscire a coniugare lavoro, produzione e una buona attitudine a pubblicizzare il prodotto, fa sì che il capitale sociale salga a 800.000 lire con sessantatré dipendenti, di cui dieci donne.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale la crescita del saponificio è immane, la Società chiederà allo Stato un indennizzo di 200 milioni di lire per i saccheggi e per i danni causati dal secondo conflitto, e il sapone in quel momento storico è un genere di prima necessità. Nel 1948 la società si trasforma in SpA Annunziata con aumento di capitale a 4 milioni e l’anno successivo può essere considerato l’anno dell’avvio dell’innovazione, con un ciclo espansivo che non avrà attimi di rallentamento. Nel 1959 la SpA Annunziata dava occupazione a 500 operai, artefici di una produzione giornaliera di 2500 q, pari a 1/3 del fabbisogno nazionale e poteva contare su ben quattordici filiali di vendita in tutta Italia.
La crescita dell’azienda vede l’ingresso ai vertici dei due figli di Antonio: Luigi come responsabile vendite e amministrazione e Pasquale per gli acquisti e lo sviluppo.
La Annunziata creò un forte legame con la città non solo per l’importantissimo impatto occupazionale ma anche finanziando e sponsorizzando la squadra locale di calcio che ottenne piacevoli risultati nella propria categoria, facendo dimenticare l’assenza di rappresentanza sindacale in fabbrica.

In occasione delle elezioni comunali del 1952 la direzione dell’azienda fece circolare un volantino in cui diffidava dal votare per i socialcomunisti, pena lo spostamento degli investimenti in un’altra squadra di calcio. Vinse comunque il PCI e non vi furono le temute rappresaglie, rimanendo la squadra in città.
Nel 1961 le organizzazioni sindacali entrano per la prima volta in fabbrica. L’Annunziata, per dare una parvenza di rappresentanza dei diritti dei lavoratori, presenta infatti una propria lista senza immaginare che anche CISL e CGIL avrebbero fatto altrettanto. In seguito alle votazioni aziendali la lista dell’Annunziata ottiene tre rappresentanti, quanto quella della CGIL.
Lo scontro sociale tra gli operai e la direzione dell’Annunziata cresce di intensità con successivi scioperi, fino ad arrivare alla tragedia del 28 maggio 1962 quando le forze di polizia, chiamate a sedare la protesta pacifica degli operai, aprono il fuoco uccidendo l’operaio Luigi Mastrogiacomo e ferendo numerose altre persone.

L’evoluzione degli stili di vita e di consumo porta, con il tempo, all’obsolescenza della saponetta per bucato, a vantaggio dei detersivi in polvere e liquidi.
Lo stabilimento richiederebbe investimenti troppo alti per essere riconvertito alle nuove produzioni e quindi vive un lento declino che lo porta a chiudere nel 1997.
Nel 1999 viene dichiarato ufficialmente il fallimento dell’azienda.

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