Una panoramica da Pripyat
E’ la più grande città fantasma al mondo, a pochi Km da Chernobyl, abbandonata e passata alla storia dopo il grande disastro nucleare del 1986.
Pripyat era chiamata “la città dei fiori”, in quanto i suoi viali erano ricchi di aiuole fiorite, “la città dei bambini”, perché i bambini costituivano un terzo della popolazione (circa 17.000 su una popolazione di 50.000 persone con un’età media decisamente bassa). La sua costruzione iniziò il 4 febbraio 1970, per ospitare i costruttori e i lavoratori della vicina centrale nucleare con le loro famiglie.
Una città bellissima con standard di vita molto alti, almeno per l’Unione Sovietica, un rapido ed esponenziale incremento della popolazione (più di 1500 unità annue), ancora in atto al momento della sciagura. Poco meno di 50.000 abitanti in quel 1986, sedicesimo anno di vita della città, ma nuovi palazzoni in fase di ultimazione e, una popolazione che nelle previsioni, sarebbe cresciuta negli anni successivi fino a raggiungere le 80.000 unità.
A Pripyat non mancava davvero nulla: c’era un efficiente e moderno polo ospedaliero con oltre 400 posti letto; tre cliniche di cui una pediatrica; 15 scuole primarie; 5 secondarie; una scuola di musica; un istituto professionale; un grande hotel il “Polissya”; numerosi bar e ristoranti; palestre e piscine, la più famosa “Azure”, una stupenda e grandiosa piscina a cinque corsie, dotata di una doppia piattaforma da cui tuffarsi e circondata da enormi vetrate. Incredibilmente, questa piscina è rimasta in funzione fino al 2000 a servizio del personale che continuava a lavorare presso la centrale, l’ultimo reattore (il numero tre) sarebbe infatti stato chiuso solo a dicembre del 2000.
Era la notte del 26 aprile 1986, una notte calda con il cielo terso. Molti sentirono un grande boato ed alcune persone videro uno strano fenomeno di bagliori dai tetti più alti; questi spettatori, in maniera diretta, si sottoposero a mortali dosi di radiazioni.
Il giorno dopo, esattamente il 27 aprile, molti lavoratori erano in ferie per il ponte del primo maggio, una bellissima giornata molta gente in giro con i bambini che giocavano spensierati, all’improvviso due militari coperti da tute mimetiche e maschere a gas turbarono la quiete di quella giornata, gli abitanti avevano assorbito 50 volte quella che è la dose di radiazioni ritenuta dannosa.
Arrivarono ben 1200 autobus da Kiev per far evacuare la città in fretta e furia, ma nulla fu rivelato, anzi fu lasciato intendere agli abitanti che sarebbero tornati al massimo entro tre giorni.
Sono passati ormai 34 anni dal triste giorno dell’evacuazione, nessuno ha più fatto ritorno alle proprie abitazioni, ormai rese inabitabili oltre che dalle radiazioni anche dall’incuria e dal tempo.
Oggi simbolo della città è la famosa ruota panoramica, all’interno del parco giochi, mai inaugurato e che mai prese vita a causa della tragedia.
Uno scherzo atroce del destino per questa città che ha trovato per mano della centrale, la sua nascita e la sua morte.